Oggi parliamo di lunghezza focale.
Lo so, ne hai letto e sentito parlare milioni di volte. Ma l'argomento è di una tale importanza (e soprattutto è così frequentemente sottovalutato) che ho deciso di tornarci nuovamente.
E di nuovo, nel farlo, voglio cogliere l'occasione di salire sulle spalle di un gigante per innalzare il mio punto di vista (e il riferimento prospettico non è casuale)...
Andreas Feininger (il gigante), nel suo "The complete photographer" scompone la rappresentazione della prospettiva nell'immagine fotografica in quattro elementi fondamentali:
La scala di rappresentazione del soggetto
Il tasso di diminuzione della scala
L'angolo di campo della ripresa
L'angolo di fuga della scena
Saggiamente, e giustamente, Feininger sostiene che tutti e quattro questi elementi cardine si possono controllare puntualmente, semplicemente attraverso:
La scelta del punto di ripresa
La scelta della lunghezza focale
Ma vediamoli rapidamente uno per uno.
1. La scala di rappresentazione del soggetto
Ovviamente la dimensione del soggetto nella foto dipende a un lato dalla distanza di ripresa e dall'altro dalla focale utilizzata. Più il soggetto è vicino, più sarà grande la sua immagine; viceversa, più la focale è corta, più il soggetto risulterà piccolo.
2. Il tasso di riduzione della scala
Se da un lato variare la lunghezza focale produce effetti analoghi a cambiare la distanza di ripresa sulla dimensione del soggetto (vedi sopra), il discorso cambia completamente quando consideriamo le dimensioni reciproche di più soggetti nella scena.
Se riprendo un dipinto su fondo neutro, dimezzare la mia distanza dal quadro o raddoppiare la lunghezza focale del mio obiettivo avrà grosso modo lo stesso effetto: il quadro sarà più grande nella foto.
La ragione è semplice.
Possiamo considerare il quadro sostanzialmente come un soggetto bidimensionale (piatto).
Ma se la scena è tridimensionale, dotata di una certa profondità, le cose cambiano completamente.
Diciamo che devo riprendere un soggetto (un bambino) in primo piano, e poi un secondo soggetto (un albero) sullo sfondo, a 30 metri di distanza.
Imposto la mia ottica su una focale di 50mm e scatto una prima foto a 2m di distanza. Poi mi allontano di altri 2 metri, raddoppiando la mia distanza dal bimbo, imposto la focale su 100mm e scatto nuovamente.
La dimensione del bambino nella fotografia sarà grosso modo la stessa, ma la grandezza dell'albero sullo sfondo sarà completamente diversa. Nella seconda foto sarà grande circa il doppio che nella prima, con un impatto ovviamente significativo sulla resa finale della scena.
Perché? Perché il mio cambio di posizione è stato rilevante (il doppio della distanza) rispetto al soggetto in primo piano, ma è stato insignificante rispetto all'albero (2 metri su 30). Invece, il cambio di focale ha avuto effetto allo stesso modo su entrambi i soggetti.
Molti pensano erroneamente che il cambio di lunghezza focale modifichi la prospettiva.
Invece non è così. E puoi provarlo molto facilmente.
Scatta una fotografia con un grandangolo poi, senza muoverti e senza cambiare inquadratura, zooma per fare la stessa ripresa con una lunghezza focale più lunga.
Se controlli sul computer, ti accorgerai che all'interno della ripresa fatta con il grandangolo puoi andare a recuperare l'esatta immagine scattata con il tele. Quello che cambia è l'ingrandimento, non la prospettiva.
Quello che ha causato la differenza di prospettiva nel primo esempio (il bambino e l'albero) è stato il tuo spostamento per riprendere il bimbo alla stessa grandezza, non il cambio di focale che hai usato per compensare la distanza.
3. L'angolo di campo della ripresa
A parità di grandezza del sensore, l'ampiezza della visuale cresce al diminuire della lunghezza focale. Questo significa anche che l'angolo di campo è sempre inversamente proporzionale alla resa dimensionale (una visuale ampia comporta che il soggetto ripreso sarà più piccolo).
Qui comincia a emergere l'interazione tra posizione di ripresa e lunghezza focale.
E' importante (fondamentale) non confondere l'effetto della distanza dal soggetto (che dipende dalla posizione di ripresa) con l'angolo di campo (che dipende dalla lunghezza focale). E' chiaro che allontanandomi riuscirò a includere nell'inquadratura più elementi, ma l'ampiezza della visuale rimarrà invariata.
Te ne accorgi facilmente controllando gli elementi all'orizzonte. Questi sono molto poco sensibili alla variazione della distanza (se ti sposti di qualche metro, la distanza delle montagne all'orizzonte resta quasi invariata in termini relativi), ma sono invece sensibili alla variazione dell'angolo di campo tanto quanto i soggetti più vicini.
Se tu ti sposti, la quota di orizzonte che riesci a inquadrare resta grosso modo la stessa; ma se cambi l'ottica (l'angolo di campo), vedrai che l'effetto è completamente diverso, con l'orizzonte che cambia tanto quanto il primo piano.
4. L'angolo di fuga della scena
In ultimo, l'essenza della prospettiva, ovvero la fuga.
Sopra abbiamo detto che distanza di ripresa e lunghezza focale sono intercambiabili se sto fotografando un quadro. Ma in realtà questo è vero solo fin tanto che la direzione di ripresa è perfettamente perpendicolare al piano del quadro.
Se mi sposto di lato, in alto o in basso, e inclino la macchina, per tenere il quadro centrato nell'inquadratura, la mia ripresa non sarà più piatta, ma "in prospettiva".
Ho incluso la terza dimensione nella mia immagine. Più mi avvicino al soggetto, più la distanza relativa delle sue parti rispetto al piano di ripresa sarà variabile, più la scala cambierà tra il davanti e il dietro del soggetto, introducendo quella che chiamiamo "distorsione prospettica".
Ed è proprio questa distorsione che ci comunica l'illusione della tridimensionalità e della profondità.
Quindi, quando fotografi un oggetto perpendicolarmente rispetto al piano della sua superficie, tenderai ad ottenere un'immagine con il minimo della distorsione, che rispecchia al meglio le proporzioni reali del soggetto.
Al tempo stesso però, l'immagine tenderà ad apparire piatta, senza profondità.
Al contrario, più l'angolo di ripresa sarà inclinato rispetto alla superficie del soggetto, più l'immagine comunicherà un senso di profondità, ma al tempo stesso sarà distorta, più deformata dalla prospettiva.
In sintesi, ti ritrovi a scegliere tra due opzioni, mutualmente esclusive:
Puoi comunicare profondità, ma il prezzo da pagare è la distorsione
Poi ricercare il realismo delle proporzioni, ma il compromesso da accettare sarà una fotografia piatta.
Se poi vogliamo mettere tutto questo in relazione con la scelta della lunghezza focale da usare:
La scelta di una focale corta ti porterà ad amplificare il primo effetto, perché ti obbligherà ad avvicinarti di più al soggetto, aumentando le differenze di distanza relativa dei soggetti ripresi.
Questo significa che puoi usare il grandangolo per rendere più drammatica la sensazione di profondità di una scena, facendo però attenzione a non introdurre distorsioni eccessive che renderanno troppo artificiosa l'immagine (a meno che tu non voglia ottenere proprio questo effetto).
Al contrario, la scelta di una focale lunga ti porterà a ottenere riprese meno distorte, ma che rischiano di apparire più "piatte".
Prova a pensarci e, come sempre, sperimenta il più possibile in prima persona.
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