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Scomporre per poter comporre


Mi concentro… e ti dico… – rullo di tamburi – … Regola dei Terzi.

Sbaglio? Sì; probabilmente in qualche caso, forse molti, sì. Ma la provocazione ha un motivo di essere.

La ragione è che in fotografia spesso si tende a ridurre il problema compositivo alla collocazione nell’inquadratura dei cosiddetti "punti di interesse".

In questo, l’utilizzo della griglia dei terzi è eccezionale perché offre un riferimento non ambiguo e immediatamente fruibile a chiunque voglia farne uso.

Ovviamente non c’è nulla di male, anzi. Salvo che non è LA soluzione a tutti i problemi.

La fotografia è una forma di espressione (d’arte, se vogliamo) relativamente giovane. Giusto un paio di secoli. Ma essendo una forma di arte figurativa è naturale che abbia mutuato molta della teoria compositiva delle ben più antiche arti pittoriche.

Fino qui tutto bene, solo che ci sono alcune differenze sostanziali tra le arti pittoriche e quella fotografica, che rendono a volte difficile questa trasposizione.

Tra tutte, la più importante è legata al fatto che mentre le arti pittoriche sono basate su processi costruttivi, la fotografia si basa primariamente su un processo selettivo.

Questo significa che mentre in pittura l’artista ha sempre la possibilità, e la necessità, di costruire ogni elemento dell’immagine in base al suo intento creativo, per il fotografo questo non è quasi mai vero.


Solo alcuni ambiti fotografici molto specifici permettono un controllo assoluto della composizione, alcune fotografie "fine art" o "still life" e poche altre. In questi casi effettivamente il fotografo può agire quasi come il pittore nel definire l’immagine in ogni suo dettaglio: dalla disposizione dei soggetti alla prospettiva, dall’illuminazione ai colori.

Sì, perché composizione in realtà significa tutto questo nell’insieme, non semplicemente puntare il soggetto in un punto focale.

Tuttavia, nella grande maggioranza dei casi questo non è possibile. E per certi versi questo è anche il bello della fotografia, quello che la rende diversa da ogni altra forma di espressione figurativa.

Il fotografo è in essenza un selezionatore.

Esplora gli elementi che gli vengono messi a disposizione dall’ambiente, e decide cosa includere nella sua opera. Entro certi limiti anche come includerlo. In realtà spesso si dice che il fotografo primariamente si occupa di escludere. Di togliere dalla fotografia tutto quello che non è funzionale al suo messaggio.


Questo non è sempre e completamente vero, però credo che renda efficacemente l’idea rispetto a quello che è il processo compositivo.

Come fotografo (tranne che in rare eccezioni) non posso decidere liberamente e arbitrariamente di comporre un’immagine come voglio. Al contrario, è come se mi trovassi di fronte a un paniere di elementi dati (come se fossero una manciata di pezzetti di lego scelti da qualcun altro) con la possibilità di sceglierne alcuni per costruire una figura a mio piacere.

Per questo è molto difficile applicare delle regole compositive.

Avendo un controllo sull’immagine solo parziale spesso non è possibile seguire tutti i canoni previsti da un approccio compositivo formale. Per capirci, quello che potrebbe invece usare un disegnatore. E’ così, quasi sempre, ci si ritrova ad adottare un approccio estremamente semplificato, come quello della regola dei terzi.

Un approccio pragmatico. Il rischio però, è che facendo così si perda di vista quello che è l’insieme del problema compositivo, concentrando tutta l’attenzione su uno solo dei suoi aspetti. Soprattutto, senza prendere in considerazione come questo (la collocazione di eventuali "punti di interesse") possa interagire con tutti gli altri elementi (meno controllati) dell’immagine.

Perché da un lato mi sento di consigliarti fortemente di approfondire gli elementi fondamentali della composizione, oltre la regola dei terzi; dall’altro però, ho imparato in questi anni che più che comporre l’immagine, è fondamentale imparare a scomporla.

Un’immagine funziona quando suscita una reazione nello spettatore. Un metro tanto facile quanto efficace. Quindi quando vedi un’immagine che ti scuote, tua o di altri, cerca di riconoscere al suo interno gli elementi compositivi che la rendono tale. In modo da capire come lavorano insieme.

Se fossi un aspirante scrittore ti direi di leggere tanti libri degli autori che ti hanno colpito di più, per cercare di riconoscere al loro interno i tratti che te li hanno fatti amare. Qui è la stessa cosa.

Scomponi, perché solo così sarai in grado di ricostruire. Leggendo e ascoltando acquisisci e assimili il linguaggio che poi utilizzerai naturalmente per esprimere i tuoi pensieri. Con la fotografia è lo stesso.

Impara a decostruire le fotografie che avresti voluto fare, per rendere tuoi quegli stessi modelli comunicativi.

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